L’UE è salva, per ora…, di Alessandra Zini

L’UE è salva, per ora…, di Alessandra Zini

Lo scorso 9 giugno si sono concluse le elezioni europee, con risultati ampiamente anticipati dalle principali testate giornalistiche di Bruxelles.

I Risultati

Nessun grande sconvolgimento dal punto di vista numerico: il Partito Popolare Europeo (PPE o EPP nel suo acronimo inglese) mantiene salda la propria posizione di prima forza politica all’interno del Parlamento, aumentando di 13 parlamentari rispetto alla scorsa legislatura. Anche il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) si conferma al secondo posto, grazie ai buoni risultati ottenuti in Spagna e Italia. Ricordiamo che il numero di parlamentari spettante a ogni paese è proporzionato alla popolazione totale di ciascuno.

Nonostante la catastrofe del partito di Macron e dei partiti riformisti italiani che non hanno superato la soglia del 4%, Renew Europe, la casa europea dei riformisti e liberali, riesce a mantenersi terza forza nell’emiciclo, seppur svuotata di ben 23 posti.

Le tre grandi famiglie che, insieme ai Verdi, hanno supportato Von Der Leyen nel suo mandato 2019-2024, hanno quindi i numeri per rinnovarle la Presidenza della Commissione Europea anche in questa nuova legislatura. Probabilmente si aggiungeranno di nuovo i Verdi (the European Greens), con meno potere negoziale a causa della perdita di 18 parlamentari, abbassando il rischio di uno stravolgimento totale delle priorità politiche e successive legislazioni.

I partiti conservatori e di estrema destra hanno ottenuto un exploit a livello nazionale, soprattutto in Francia, Germania e Paesi Bassi, aumentando la propria presenza di ben 33 posti. Tuttavia, non sono sufficienti per diventare l’ago della bilancia in una possibile maggioranza allargata o di destra.

Come Interpretare i risultati?

Per capire come leggere i risultati delle elezioni e il vero peso della vittoria della destra in alcuni paesi, bisogna considerare tre fattori importanti della politica europea, spesso poco comprensibili per chi è abituato al sistema italiano.

1. La Maggioranza Moderata

In Europa, la maggioranza che ha sostenuto Von der Leyen e che probabilmente le rinnoverà il consenso per un secondo mandato è formata da Popolari, Democratici e Progressisti, un po’ come se Forza Italia, PD e Azione/Italia Viva/+Europa formassero la maggioranza in Italia. Questo mostra che la maggioranza dei votanti europei desidera politiche ferme ma moderate, rifiutando gli estremismi sia di destra sia di sinistra. Per tradizione, il policy making europeo preferisce le posizioni moderate, facendo dell’arte del compromesso un punto fermo*. Sembra scontato scriverlo, ma senza compromesso risulterebbe impossibile trovare soluzioni che vadano bene a 27 sfumature di pensiero diverse. Questo per spiegare che difficilmente in Europa si ricrea quel clima di “o con noi o contro di noi” che ormai caratterizza la politica italiana da 30 anni a questa parte.

2. La Percezione della Destra

Il gruppo politico europeo di riferimento di Fratelli d’Italia, ECR – Riformisti e Conservatori, non viene considerato di estrema destra, contrariamente alla Lega o al Rassemblement National, che appartengono a un’altra famiglia europea di destra (ID – Identità e Democrazia). All’interno degli stessi partiti vi sono poi diverse sfumature di pensiero e, ad esempio, nonostante i buoni rapporti tra Meloni e Orban, il gruppo ECR si è opposto ad accogliere i parlamentari senza sede di Fidesz-Hungarian Civic Alliance, il partito populista e ultra conservatore ungherese, per la contrarietà di membri svedesi, finlandesi e di altri paesi.

3. I Parlamentari Non Allineati

I cosiddetti parlamentari “non allineati” guadagnano 29 posti in questa tornata elettorale. Questi appartengono a partiti nazionali che non si sentono rappresentati dai gruppi europei definiti, o che vedono rifiutata la loro adesione. Tra questi ci sono il Movimento 5 Stelle, Alternativa per la Germania (AfD) e Volt. I non allineati hanno però la possibilità di formare un proprio gruppo politico se almeno 23 parlamentari da 7 paesi diversi si uniscono.

L’appartenenza a un gruppo politico è essenziale per ricoprire cariche importanti all’interno del Parlamento Europeo ed essere assegnati a dossier legislativi strategici. Dopo le elezioni, infatti, si apre un periodo di negoziazione in cui i gruppi politici definiscono le nomine interne e cercano di aumentare il proprio peso decisionale trovando accordi con i membri non allineati dalle idee simili.

Occhi puntati sul Movimento 5 Stelle che costituisce il gruppo più numeroso all’interno dei Non Allineati.  Le ultime indiscrezioni sentite a Bruxelles vedrebbero la possibile nascita di un nuovo gruppo parlamentare con i membri del M5S e del partito ceco Smer, il partito del neoeletto presidente Roberto Fico, recentemente cacciato dal gruppo S&D. Tutto da vedere in quanto la priorità dei cechi rimane rientrare nella grande famiglia democratica. 

I 5 parlamentari di Volt sarebbero inseguiti da Renew Europe, in un tentativo disperato di marginare la disfatta elettorale, ma questi potrebbero prediligere il gruppo dei Verdi, così come il M5S se non trova i  numeri per fondare il suo proprio gruppo.

Il gruppo neonazista tedesco, invece, sembrerebbe troppo estremo anche per l’estrema destra e rimarrà nel gruppo dei Non Allineati. Voci informali riportano che nel meeting a porte chiuse tra i leader dei partiti che costituiscono il gruppo ID avvenuto a Bruxelles dopo le elezioni, ci sarebbe una mezza intenzione di far rientrare i rappresentati di AfD dopo le elezioni in Francia (ricordiamo che la Le Pen aveva dichiarato che non si sarebbe seduta nella stesso gruppo di AfD alcune uscite pubbliche controverse del leader di AfD in cui minimizza le SS). 

La scadenza per la presentazione dei gruppi è definita al 15 luglio in vista della prima sessione plenaria del Parlamento Europeo del 16-19 luglio in cui verranno nominati il Presidente e altre cariche, ad esempio la maltese Roberta Metsola verrà molto probabilmente confermata. 

In definitiva, per avere influenza sull’agenda strategica dei prossimi cinque anni la destra avrebbe dovuto assicurarsi più voti per entrare in maggioranza. Certo è che il Parlamento Europeo non può del tutto non considerare il volere del popolo: se nella legislazione precedente ECR e ID non lavoravano su file particolarmente rilevanti, ora potrebbero essere assegnati a file più o meno strategici, rendendo si più difficili compromessi razionali, ma anche rendendo più difficile il lavoro del “lobbista” a Bruxelles. Pratica diffusa ma non scritta è infatti quella di evitare il più possibile i partiti di estrema destra e sinistra, così come vi era reticenza anche nei confronti di ECR anche se più “accettato”. A questa tornata sarà molto più difficile fare finta di nulla o escludere i loro parlamentari da discorsi chiave. 

Ciò che potrebbe anche succedere è che il PPE potrebbe ricercare la maggioranza per eleggere Ursula von Der Leyen con i gruppi tradizionali di centro sinistra e centro, mentre potrebbe decidere di allinearsi ad ECR per votazioni singole in corso di legislatura, specialmente su alcuni temi facenti parte della politica climatica del blocco. Alcune dichiarazioni del Presidente del PPE Manfred Weber avvenute all’inizio di quest’anno farebbero pensare che il gruppo si vuole rendere portavoce degli scontenti provenienti dalle zone rurali e sfociate nelle “rivolte dei trattori”.

Nonostante tutti siano d’accordo che il Green Deal non vada smantellato, ci potrebbero essere dei dietrofront sullo stop previsto della vendita di macchine con motore combustibile e sui pesticidi, così come sulla riforma della PAC  (Politica Comune Agraria) – che saranno presenti nell’agenda 2024-2029. 

Ricordiamo che nulla è ancora definitivo e ogni giorno nuove indiscrezioni provenienti dalle negoziazioni in corso potrebbero cambiare queste previsioni. Quanto emerso dal meeting informale dei Capi di Stato del 17 giugno a Bruxelles, infatti, rappresenta una novità finora non considerata seriamente. “Giorgia” si sarebbe sentita offesa dal fatto che i punti all’ordine del giorno dell’incontro non includessero una discussione approfondita sui risultati della destra nelle elezioni europee, concentrandosi invece sulla spartizione delle nomine delle Presidenze delle istituzioni europee tra popolari, socialisti e riformisti. Nuove indiscrezioni aggiornate al 18 giugno sembrano aprire alla possibilità di una “grande unione” dei partiti di destra, forse disposti a mettere da parte le divisioni interne per valorizzare i risultati elettorali. Ciò che è certo è che tutto può ancora cambiare da un giorno all’altro e non avremo certezze fino al Consiglio europeo del 26 e 27 giugno in cui si discuteranno concretamente e ufficialmente le nomine dei vari ruoli di spicco. 

Francia e Germania

Sebbene gli equilibri di maggioranza non siano stati sconvolti, conviene riflettere sul netto successo dei partiti conservatori e di destra estrema, in particolare in Francia e Germania. La UE è lontana da un’effettiva unione politica, quindi sono i Capi di Stato dei vari Paesi a portare avanti il loro disegno di Europa, in base al carisma e alla capacità negoziale dei leader dei diversi paesi. Le elezioni del Parlamento Europeo sanciscono l’inizio di una nuova legislatura, durante la quale il Consiglio Europeo dovrà definire l’agenda strategica tenendo in considerazione i risultati elettorali.

Il 27 giugno il Consiglio Europeo si riunirà per discutere le nomine delle cariche più importanti delle Istituzioni e le priorità politiche strategiche su cui la Commissione dovrà legiferare nei prossimi cinque anni. Germania e Francia, tradizionalmente le locomotive delle politiche comunitarie europee, saranno rappresentate da leader svuotati della loro forza politica. 

Se Macron ha deciso di sfidare il suo popolo direttamente alle urne – per assurdo il gesto democraticamente più corretto da intraprendere dopo il riconoscimento del risultato, rischiando una situazione di stallo nel governo del suo paese – una maggioranza schiacciante del RN all’ Assemblea Nazionale rifiuterebbe praticamente qualsiasi proposta di legge del Presidente. In Germania Olaf Scholz, pur non dimettendosi o indire elezioni, vede il suo partito (SPD) finire addirittura al terzo posto dopo i neonazisti di AfD, oltre ad essere alla guida del governo meno amato nella storia delle repubblica federale.

Di conseguenza, leader di paesi tradizionalmente considerati “di periferia” potrebbero avere più peso nella direzione politica europea, essendo supportati e confermati dal proprio bacino elettorale. In tal senso, emergono vincitori Giorgia Meloni in Italia, il presidente polacco Donald Tusk e il socialdemocratico Sanchez in Spagna.

Conclusione

Se il Parlamento Europeo è l’espressione del volere dei cittadini, il suo potere decisionale rimane limitato. Sarà interessante osservare cosa succederà in Germania e soprattutto in Francia nel breve e lungo termine. I cittadini dell’UE continuano a sentire l’Unione distante e astratta, e i voti all’estrema destra sono sintomo di stanchezza, rabbia e frustrazione. La legislazione uscente ha visto lo scatenarsi di una pandemia globale con tutte le conseguenze disastrose che ha portato e lo scoppio di due guerre non troppo lontane da noi.

Nonostante siano stati sborsati miliardi e si siano compiuti passi mai avvenuti prima – i bond comunitari per la ricostruzione post covid – i vari leader europei si sono subito premurati di attribuirsi tutti i meriti dei vari Recovery Plans e Next Generation EU di fronte all’elettorato nazionale, piuttosto di prendere la palla al balzo e spiegare l’importanza di un’Unione Europea in tale contesto. 

Se poi riflettiamo sui palesi double standards utilizzati nei confronti degli aggressori nelle guerre tra Ucraina e Russia e Israele e Palestina e aggiungiamo lo scandalo del Qatar gate – a cui si aggiungerà presto il Russia e China gate-, non si fa fatica a capire il perché di questo exploit delle destre. 

Prima o poi sarebbe anche utile riflettere sull’astensionismo, grandissimo e unico vincitore in tutti i Paesi tranne in quelli in cui il voto è obbligatorio. Una categoria di persone che ha perso totalmente fiducia nel sistema e non si ritrova più nella narrazione suprematista occidentale, ma che non vuole votare estrema destra perché ne capisce il pericolo. 

I prossimi cinque anni saranno sì fondamentali per fermare davvero l’estrema destra dallo smantellamento dell’Unione. Noi di Attivanza ci impegneremo in tal senso, per proporre sistemi trasparenti, riforme costituzionali e tutto ciò che servirà al cittadino per riacquistare fiducia nella politica. 

Prossimi Appuntamenti

  • 27 giugno: Consiglio Europeo per le nomine di Presidente del Consiglio Europeo, Alto Rappresentante delle Relazioni Esterne e Commissione.
  • 15 luglio: Termine ultimo per presentare i gruppi parlamentari e i loro membri.
  • 16-19 luglio: Prima plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo: nomina del Presidente del Parlamento Europeo, vice-presidenti, questori e composizione dei gruppi di lavoro.
  • Settembre: Voto di fiducia per il Presidente della Commissione Europea.
  • Settembre-Ottobre: Audizioni dei candidati al ruolo di commissari.
  • Fine ottobre: Elezione del collegio di commissari.
  • Novembre: Inizio ufficiale della nuova legislatura.

Possibili Nomine

  • Ursula von der Leyen (PPE): Presidenza della Commissione Europea.
  • Roberta Metsola (PPE): Presidenza del Parlamento Europeo.
  • António Costa (S&D): Presidenza del Consiglio Europeo.
  • Kaja Kallas (Renew): Alto Rappresentante per la Politica Estera.

*Per capire di più i sistemi di policymaking europeo, consiglio la visione del documentario di Arte TVL’unione Europea e l’arte del compromesso” 

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